Doveri e diritti di chi ci cura. Tutto quello che dobbiamo sapere.
Intervista a Silvestro Scotti, vicesegretario nazionale vicario della Federazione Italiana Medici di Famiglia (FIMMG).
Per quanti giorni alla settimana e per quante ore posso trovare il medico di medicina generale in ambulatorio?
«Il medico di medicina generale — risponde Silvestro Scotti, vicesegretario nazionale della Fimmg — deve essere presente in ambulatorio tutti i giorni feriali, con un orario che dipende dal numero dei suoi assistiti: il medico che ha fino a 500 assistiti deve essere presente per almeno 1 ora al giorno, per 5 giorni alla settimana; fino a mille assistiti il suo impegno minimo in studio deve essere di 2 ore al giorno, per 5 giorni alla settimana; fino a 1500 pazienti deve assicurare una presenza minima di 3 ore al giorno per 5 giorni settimanali».
«L’orario di lavoro minimo non corrisponde però alla durata dell’attività, perché tutti i pazienti che accedono
all’ambulatorio entro l’orario stabilito devono essere ricevuti. In pratica, anche se l’orario è terminato, il
medico non può rifiutarsi di visitare un assistito già in attesa. Inoltre, l’impegno del medico comprende le visite
a domicilio, nonché la partecipazione alle attività di distretto organizzate dalla Asl».
Posso telefonare al medico il sabato? E nei giorni festivi?
«Il sabato, salvo diversi accordi regionali o di Asl, il medico deve essere reperibile al telefono per 2 ore, dalle
8 alle 10, per rispondere a richieste non differibili, che dovrà soddisfare entro le 14. Qualche esempio di
necessità “non differibile”: può esserlo quella di una visita a domicilio, o di una certificazione di malattia per
un lavoratore turnista; non lo è la prescrizione di un esame diagnostico cui sottoporsi nei giorni successivi.
Quindi, se il medico ritiene giustificata la richiesta di una visita a domicilio che gli è arrivata la mattina del
sabato, dovrà andare a casa del paziente entro le 2 del pomeriggio. Superate quelle ore del sabato, il paziente ha
il diritto-dovere di rivolgersi alla guarda medica».
«Può accadere, però, che il medico di famiglia debba impegnare il sabato mattina per partecipare a corsi di
formazione obbligatoria, per esempio in relazione a progetti disposti dalla Asl; in questi casi la Asl anticipa al
mattino del sabato il servizio di guardia medica, così da assicurare ugualmente la continuità assistenziale. Le
stesse regole del sabato valgono per i giorni prefestivi, ma se in quel giorno della settimana, per esempio il
giovedì, il medico ha abitualmente attività di ambulatorio dalle 8 alle 14, dovrà essere presente. Potrà “saltare”
l’ambulatorio solo se l’apertura era prevista per il pomeriggio. Domeniche e giorni festivi, infine, sono “sacri”
anche per il medico di famiglia, a parte alcune eccezioni, poche, di specifici accordi regionali».
Esplora il significato del termine: «Può accadere, però, che il medico di famiglia debba impegnare il sabato
mattina per partecipare a corsi di formazione obbligatoria, per esempio in relazione a progetti disposti dalla Asl;
in questi casi la Asl anticipa al mattino del sabato il servizio di guardia medica, così da assicurare ugualmente
la continuità assistenziale. Le stesse regole del sabato valgono per i giorni prefestivi, ma se in quel giorno
della settimana, per esempio il giovedì, il medico ha abitualmente attività di ambulatorio dalle 8 alle 14, dovrà
essere presente. Potrà “saltare” l’ambulatorio solo se l’apertura era prevista per il pomeriggio. Domeniche e
giorni festivi, infine, sono “sacri” anche per il medico di famiglia, a parte alcune eccezioni, poche, di specifici
accordi regionali».
È giusto che il mio medico mi riceva solo se ho preso l’appuntamento? Può limitare l’accesso all’ambulatorio e, per
esempio, dirmi: “Ci sono già troppi pazienti in attesa, torni domani”?
«Può adottare la formula degli appuntamenti, ma questo non significa che di fronte a una richiesta non differibile
entro l’orario di ambulatorio possa rifiutarsi di assolverla. In questo caso non può mandare via un paziente che
arrivi in studio senza appuntamento».
Se chiamo il medico di famiglia al telefono, è forse mio diritto che risponda?
«In linea teorica, il medico di medicina generale dovrebbe garantire 2 ore di “reperibilità telefonica” al giorno,
dalle 8 alle 10, per le richieste non differibili, da soddisfare entro le 14 — dice Silvestro Scotti, della Fimmg
—. Ma con l’avvento dei cellulari la questione è diventata più complicata: il dottore, se ritiene, può rendersi
contattabile in studio, magari con l’ausilio di un collaboratore, poi sul cellulare, per tutta la giornata. E se
gli vengono espresse esigenze non differibili, deve intervenire “prima possibile”».
«Sia chiaro, però, che non parliamo di “emergenze”, perché per queste ci sono altri servizi, come il Pronto
soccorso: se il medico sta visitando in ambulatorio non può certo abbandonare tutti, per correre al capezzale di un
altro paziente. Insomma, su una più ampia reperibilità telefonica non ci sono obblighi, e il medico, da una parte
ha la necessità di farsi rintracciare il più possibile per conservare la fiducia dei pazienti, dall’altra si espone
a un impegno non sempre facile da assolvere. Comunque, se un paziente ritiene che il dottore scelto non offra una
sufficiente reperibilità, ha diritto di cambiarlo».
È corretto che il medico faccia diagnosi e dia prescrizioni al telefono?
«Sì, e la risposta è sorretta da una sentenza di qualche anno fa. Riassumiamo la vicenda: a un medico di famiglia,
che aveva rifiutato una richiesta di visita domiciliare e aveva prescritto direttamente al telefono alcuni farmaci
a un suo paziente, si contestava l’omissione di atti d’ufficio. Il giudice, però, ha assolto quel professionista,
affermando che il medico di medicina generale è l’unico soggetto che può prescrivere telefonicamente a un proprio
assistito una terapia di primo livello, quando abbia la piena conoscenza della patologia e delle caratteristiche
del paziente».
Se contatto il mio medico via internet, è come se mi “visitasse” di persona?
«Il computer e i più nuovi sistemi di messaggistica mobile possono essere usati dal medico di famiglia, così come
da qualunque altro medico, considerando con molta attenzione le diverse situazioni. In alcuni casi questi sistemi
possono aiutare: per esempio, il paziente potrebbe scattare la foto di un’eruzione cutanea e inviarla al dottore,
consentendogli così di decidere rapidamente una prima possibilità di trattamento. Ma nel caso di una situazione più
complessa, che abbia bisogno di un approfondimento, il computer non può certo sostituire il vero contatto diretto
medico-paziente».
Ma il medico di famiglia non potrebbe inviarmi le ricette via computer?
«Sarebbe possibile soltanto in presenza di un processo di autorizzazione e identificazione da parte del paziente,
cioè con la totale sicurezza che la ricetta arrivi su un sistema protetto accessibile solo all’assistito.
Altrimenti, potrebbe essere messa a serio rischio la privacy di dati sensibili. Ricordiamoci che, perfino quando un
paziente chiede al suo medico di consegnare una ricetta a un familiare, la prescrizione andrebbe messa in busta
chiusa, per riservatezza ».
Quando posso chiedere al mio medico di famiglia una visita a domicilio? E lui può rifiutarsi di venire?
«Mentre nella normativa per la pediatria di base si dice chiaramente che è il medico a decidere se una visita a
domicilio è realmente necessaria, per i medici di famiglia la questione non è altrettanto ben definita — osserva
Silvestro Scotti, vicesegretario nazionale Fimmg —. In linea teorica, come già detto, la visita richiesta tra le 8
e le 10 va effettuata entro le 14. «Il paziente può richiedere una visita a casa anche più tardi, sulla base della
reperibilità del medico, ma la valutazione sui tempi di risposta è lasciata al dottore, che – come è stabilito
nell’Accordo nazionale – dovrà farla “prima possibile”».
«Ciò significa che il comportamento del medico può dipendere, oltre che dalle caratteristiche della specifica
richiesta, anche da questioni organizzative. Ma facciamo, anche qui, un esempio: poniamo che un paziente chieda la
visita domiciliare all’inizio dell’orario di ambulatorio, il cui impegno però si protragga fino all’ora in cui
entra in attività la guardia medica; il dottore, in questo caso, potrebbe decidere di rinviare la visita
domiciliare al giorno successivo. È evidente, allora, che sulla discussa questione delle visite domiciliari si
confrontano da un lato la competenza del medico in merito alla patologia e a ciò che ritiene utile rispetto alla
condizione di quel paziente, dall’altro la possibilità dell’assistito insoddisfatto di cambiare dottore. È
l’equilibrio tra queste due realtà è quello che a “regolare” di fatto il rapporto».
Dove andiamo se lo studio è chiuso per ferie?
«Il medico di famiglia può assentarsi dal lavoro — spiega Silvestro Scotti — per le motivazioni previste
dall’Accordo nazionale: malattia, assistenza a familiari con handicap, attività di volontariato o di emergenza.
Deve sempre darne comunicazione alla Asl e a volte essere autorizzato. Può chiedere alla Asl, con 15 giorni di
anticipo, fino a 30 giorni di “ristoro psicofisico”. In teoria, dovrebbe essere la Asl ad avvisare gli assistiti.
Il medico comunque ha l’obbligo, e la convenienza, di informare i pazienti. Se l’assenza non supera i 30 giorni il
dottore deve scegliere un sostituto, pagandolo (dal 31esimo giorno, il medico perde parte della retribuzione e il
sostituto è pagato dalla Asl)».
Quanti pazienti può avere un medico di famiglia?
«Mille assistiti per ciascun medico di medicina generale è il rapporto considerato “ottimale” (in base ad accordi
regionali, tale rapporto può variare, fino a raggiungere i 1300 assistiti) — spiega Silvestro Scotti —. Il numero
massimo («massimale») di pazienti è di fatto 1500, anche se, in virtù di un diritto acquisito per vecchi accordi
nazionali, alcuni medici hanno in carico anche 1800 pazienti. La media nazionale è comunque di un medico ogni 1150
assistiti (in Lombardia la media è di 1 ogni 1300 pazienti, nel Lazio di 1 ogni 1000».
Sulla base di quali informazioni scegliamo il medico di famiglia? Possiamo conoscere il suo curriculum? Sapere
quanti pazienti segue? Quali sono i suoi orari di attività?
«Informare l’assistito che deve scegliere il medico di medicina generale è compito dell’Azienda sanitaria —, spiega
Silvestro Scotti —. Il cittadino ha diritto di consultare l’elenco dei medici e di conoscere di ciascun dottore il
curriculum con eventuali specializzazioni, il numero di pazienti che deve seguire (il cosiddetto “massimale”), gli
orari di apertura del suo ambulatorio, nonché le caratteristiche di organizzazione della sua attività (se ha
l’assistente di studio, l’infermiere, se è in rete, se opera in associazione con altri colleghi). Purtroppo non
tutte le Asl forniscono le informazioni previste».
Ma il medico di famiglia può rifiutarsi di prendere in carico un paziente? Oppure, gli è permesso, una volta
instaurato il rapporto, di ricusarlo?
«Nessun paziente può essere rifiutato, —dice Scotti — ma il medico può ricusare un assistito nel momento in cui
sorgano problemi che mettono in discussione il rapporto fiduciario. In questo caso il medico presenta una richiesta
alla Asl e il paziente viene avvisato. Durante il mese successivo il dottore resta comunque responsabile
dell’assistenza, in modo che l’assistito ricusato abbia il tempo per scegliere un altro medico».
Il medico di famiglia deve seguire i suoi pazienti ricoverati?
«Non è tenuto, ma su richiesta del malato potrebbe assumersi questo impegno; tuttavia i colleghi ospedalieri non
hanno obbligo di confrontarsi con lui. Quindi, al massimo, può predisporre una sintesi delle condizioni del
paziente, da consegnare al momento del ricovero».
Ci sono farmaci o esami che il medico di medicina generale non può prescrivere?
«Sì, ci sono — risponde Silvestro Scotti, vicesegretario nazionale della Federazione italiana medici di medicina
generale —. Alcune Regioni, per esempio, consentono la prescrizione di determinate tipologie di farmaci e
prestazioni diagnostiche solo in presenza di specifiche condizioni patologiche, prevedendo a volte sanzioni per il
medico che non rispetti le limitazioni. Altri medicinali possono essere prescritti solo in casi prestabiliti (nelle
“note” al prontuario) o in base a piani terapeutici specialistici (è il caso, per esempio, dei farmaci
“innovativi”) per decisione dell’Agenzia italiana del farmaco».
Può il mio medico rifiutarsi di prescrivere ciò che è stato indicato da uno specialista o dall’ospedale?
«Nessun medico è tenuto a prescrivere quello che ha indicato un altro professionista, perché di ogni prescrizione
si assume pienamente la responsabilità. Di fatto, però, si creano spesso situazioni fraintese dal paziente. Ad
esempio, un ospedaliero che prescrive un farmaco attraverso un piano terapeutico condiziona fortemente la decisione
del medico di famiglia. Questi potrebbe con pieno diritto ritenere adatto un altro medicinale, anche in base alla
conoscenza più approfondita del suo paziente. Ma un rifiuto rischia di mettere in discussione il rapporto
fiduciario con l’assistito, che spesso ragiona come se esistesse una sorta di “gerarchia delle fonti”: in alto sta
lo specialista, in posizione subordinata il medico di famiglia. Così, circa il 50 per cento della spesa prodotta
dai medici di medicina generale può risultare indotta da specialisti».
Il medico di famiglia deve preferire i farmaci che costano meno, per esempio i cosiddetti “equivalenti” o, se
vuole, può imporre un medicinale “di marca” più caro?
«Le regole in proposito sono variamente interpretabili. In generale, il medico deve prescrivere la molecola
efficace disponibile al costo minore, a meno che non ci siano specifiche ragioni (ad esempio, intolleranza del
paziente agli eccipienti). Se vuole, aggiunge il nome commerciale del farmaco: in questo caso il paziente, in base
all’informazione del farmacista, può sostituirlo con un medicinale equivalente».
«Al medico, però, è consentito scrivere sulla ricetta solo il nome commerciale di un farmaco nel caso di continuità
della terapia per un paziente e quando ritenga non applicabile la regola della sostituibilità. In pratica, a una
persona che presenti per la prima volta una certa patologia (per cui il medico non ha dati per verificare una
differenza di risposta tra un farmaco e un altro) si dovrebbe prescrivere un generico oppure un farmaco “di marca”
di pari prezzo. Quando, invece, il paziente sta già usando un determinato medicinale, il dottore dovrebbe, a mio
parere, informarlo di un’eventuale differenza di costo a suo carico rispetto ad altri prodotti, ma consigliargli di
optare per la continuità della terapia».
Posso chiedere al mio medico (al di fuori dei suoi compiti nel Servizio sanitario) una visita a pagamento?
«Il medico di famiglia, al di fuori dei suoi obblighi orari, diventa un libero professionista: se un assistito
chiede una visita privata, può farla — dice Scotti —. Sarebbe opportuno (ma non è stabilito) adottare le tariffe
delle “visite occasionali” (a pazienti non suoi): 30 euro in ambulatorio, 50 euro per la domiciliare».
E un elettrocardiogramma o un’ecografia?
«Distinguerei tre casi. Il medico di famiglia che ha una specializzazione può fare attività libero professionale
(anche verso i suoi assistiti) nel limite di 5 ore settimanali. Se vuole farlo per più tempo, deve comunicarlo alla
Asl e ridurre il massimale di 48 assistiti per ogni ora in più settimanale. Diverso il caso del medico dotato di un
apparecchio diagnostico, da usare gratuitamente in ambulatorio solo per una prima valutazione. Da escludere,
infine, prestazioni private durante l’attività convenzionale (salvo, forse, l’elettrocardiogramma per il
certificato sportivo)».
Il medico e le vaccinazioni
Il medico di famiglia è tenuto ad aderire alle campagne vaccinali regionali e di Asl. A volte deve fornire l’elenco
dei pazienti candidati, altre volte pratica le vaccinazioni ed è retribuito dalla Asl. L’antitetanica può essere
chiesta dal paziente: il medico la esegue, la certifica ed è pagato dall’azienda sanitaria. Infine, può
somministrare altre vaccinazioni a spese del paziente ma a costo calmierato. «A titolo gratuito, invece, — dice
Scotti — rilascia i certificati di malattia, per attività sportiva scolastica, di rientro a scuola. Ogni altra
richiesta di certificazione in linea di massima va soddisfatta, come attività libero professionale».
Fonte Cristina D’Amico per il Corriere.it