In Algeria non avevano dato speranza a quelle due bambine, gemelline siamesi, unite per l'addome e il torace.
Ma i genitori non si sono arresi e alla fine sono entrati in contatto con l'Ospedale pediatrico Bambino Gesù di Roma: lo scorso 7 ottobre si è svolto un intervento chirurgico eccezionale che ha ridato una nuova vita alle gemelline, Rayenne e Djihene. Sono state separate con un intervento che ha richiesto 10 ore di camera operatoria e l'alternanza di 5 équipe per un totale di 40 persone guidate da Alessandro Inserra, direttore del Dipartimento Chirurgico. È il secondo caso nella storia dell'Ospedale: il primo è di oltre 30 anni fa. Si tratta di uno dei pochissimi casi di separazione di siamesi effettuati in Italia. Tutta la procedura è stata a spese dell'ospedale pediatrico.
E nelle prossime settimane verrà operata un'altra coppia di gemelle siamesi, ricoverate nel Reparto di Neonatologia del Bambino Gesù: provengono dal Burundi e sono unite per la zona sacrale (pigopaghe). «Il percorso clinico e chirurgico delle piccole pazienti algerine e burundesi - fa sapere l'ospedale - rientra nell'ambito delle missioni umanitarie promosse dall'ospedale pediatrico della Santa Sede. Nel 2016 i casi pro bono sono stati circa 50». Il costo complessivo - tra spese sanitarie e di accoglienza - è di oltre 1 milione di euro».
«RINGRAZIAMO PAPA FRANCESCO» - «Ringraziamo di cuore Papa Francesco per la grande opportunità che ci ha dato per le nostre bambine» hanno detto i genitori delle gemelline siamesi. L'ospedale ha adottato una innovativa tecnologia 3D per realizzare un modello dei corpicini delle piccole. «Modelli e stampe 3D che hanno consentito di ridurre la durata dell'operazione» ha spiegato l'architetto Luca Borro, ricercatore in percorsi clinici e innovazione all'ospedale pediatrico romano.
L'OPERAZIONE - «La chiave del successo di un intervento così complesso - ha commentato Alessandro Inserra - è stato proprio lo scambio di esperienze e il confronto continuo tra alcune delle migliori professionalità del Bambino Gesù che si sono prodigate senza riserve in ogni segmento del percorso che ci ha portati fino a qui. La fase di studio - ha spiegato ancora Inserra - è stata curata in ogni dettaglio così che al momento dell'intervento ognuno sapesse esattamente dove e come operare. Tutto ciò ha consentito di portare a termine tutto l'intervento nello stesso giorno con diverse unità chirurgiche che hanno lavorato a ritmo serrato non più di tre ore ciascuna. Affrontare questo lungo cammino con i colleghi, il personale coinvolto e i genitori delle piccole che non ci hanno fatto mai mancare il loro sostegno, è stata - ha concluso - un'esperienza esaltante a livello umano e professionale». La preparazione all'intervento di separazione è durata quasi un anno: 11 mesi (da novembre 2016 a ottobre 2017) per consentire all'organismo delle gemelle di sostenere un'operazione chirurgica così complessa e aggressiva. Dopo un periodo di osservazione in Terapia intensiva, il 24 ottobre le piccole algerine sono potute tornare nel Reparto di chirurgia. «Uno dei momenti più intensi - ha aggiunto Inserra - è stato quando le bambine hanno iniziato a respirare da sole».
L'OSPEDALE COME UNA COMUNITA' - «Ci piace pensare al Bambino Gesù come all'ospedale dei bambini del mondo. Da alcuni anni ormai - ha detto la presidente Mariella Enoc - siamo impegnati a condividere la capacità di cura con i Paesi che hanno più bisogno di affiancamento e solidarietà e sono sempre di più quelli che chiedono interventi di assistenza e formazione del personale. Ma sono tanti anche i bambini, come Rayenne e Djihene, che arrivano qui per affidarsi alle mani competenti dei medici e del personale del Bambino Gesù. Risultati come quello che presentiamo oggi premiano la grande professionalità che quotidianamente viene spesa al servizio dei piccoli e lasciano intravedere la generosità e il cuore che l'accompagnano sempre. Siamo molto orgogliosi che l'una e l'altra costituiscano il marchio di fabbrica del Bambino Gesù». La presidente Enoc ha sottolineato l'importanza di «tutta la comunità dell'ospedale che ha lavorato insieme» e annunciato la collaborazione con un ospedale in Cina per corsi di formazione.
Fonte Laura Bogliolo ilmessaggero.it